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Immagine del redattoreMara Gramegna

Perchè discutere fa bene

Aggiornamento: 26 ago 2018

Discutere rende le coppie più felici, ma bisogna imparare a litigare

Le coppie che non litigano mai o che lo fanno poco ma violentemente sarebbero quelle più a rischio di rottura. Secondo alcuni studi scientifici, litigare spesso può infatti essere salutare, a patto che la lite sia gestita in modo costruttivo e con una buona dose di autocontrollo.


Essere se stessi. Specie quando la relazione è nella sua fase nascente, si cerca di dare il meglio di sé magari anche evitando certi comportamenti che invece fanno parte delle nostre abitudini come alzarsi a mezzogiorno nel fine settimana o mangiare patatine sul divano senza mettersi ai fornelli. Ma questa sorta di ‘messinscena’ non può reggere per troppo tempo e man mano che la coppia si consolida viene fuori la vera personalità dei partner con tutte le conseguenze che ciò può comportare, incluso irritare l’altro. “La convinzione che in coppia si stia bene quando si è tranquilli e in armonia è un mito duro a morire – spiega Daniele Novara, pedagogista e direttore del Centro Psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti. Spesso si è convinti che tutto vada bene quando si hanno le stesse idee, si condividono gusti e amicizie, si vive d’amore e d’accordo. L’intesa totale, la sintonia, il capirsi con lo sguardo, ci appaiono come l’essenza stessa della relazione affettiva, mentre litigare sembra invece una ferita”. Viva le differenze. In realtà, dirsene ogni tanto quattro non è affatto negativo: è segno che viviamo una relazione vera senza artifici e che ci si sente completamente a proprio agio senza dover nascondere le proprie differenze. “Nella complessità della vita di tutti i giorni, e soprattutto nell’intimità delle relazioni di coppia – prosegue Novara - ognuno ha bisogno per essere se stesso e per star bene con il partner di ridefinire e riaggiustare il rapporto: le relazioni prive di conflitti non sono vitali. Attenzione però, questo non vuol dire che sia un bene darsi fastidio apposta, quello che conta è imparare a litigare bene”.

Un’occasione per crescere. I piatti della cena lasciati sul tavolo, la spazzatura che si accumula e tutte quelle piccole noiose faccende per le quali ci si divide i compiti in una coppia (specie quando è anche famiglia) possono diventare motivo di scontro. Il partner inadempiente viene interpretato dall’altro come un provocatore e i suoi comportamenti infastidiscono o provocano frustrazione. Ma – anche se non è facile accorgersene – c’è del buono in tutto ciò: indica che c’è qualcosa che si può fare per migliorare il rapporto di coppia. “In realtà – spiega Roberta Giommi, psicoterapeuta e direttore dell’Istituto Internazionale di Sessuologia – quando il partner si presenta sempre in ritardo a cena oppure quando non fa qualcosa che gli abbiamo chiesto dovremmo andare oltre il fastidio che queste mancanze ci provocano e capire cosa c’è dietro”. In sostanza, dovremmo chiederci perché si comporta così? Perché ci delude sapendo di farlo? E aprire un dialogo che serve ad accorciare le distanze, a capirsi di più e a migliorare il proprio modo di stare insieme. Secondo un’indagine del sito web inglese www.betterbathrooms.com che ha intervistato più di 3000 sudditi di Sua Maestà, ogni anno scoppierebbero in media 312 litigi per coppia, la maggior parte dei quali per futili motivi. Il giovedì alle 20 scatterebbe “l’ora X”, quella in cui è più probabile che sorga una discussione, e il diverbio durerebbe in media dieci minuti, salvo impreviste degenerazioni. Secondo i ricercatori, sarebbe il gentil sesso a sentirsi maggiormente frustato e ad arrabbiarsi più spesso per le cattive abitudini del compagno e, tra i comportamenti maschili ritenuti più insopportabili figurerebbero l'abitudine a non sostituire il rotolo della carta igienica quando è finito, quella di lasciare le luci accese, il continuo zapping televisivo e la tavoletta della tazza del bagno lasciata alzata. Gli uomini, invece, si innervosirebbero soprattutto quando lei impiega troppo tempo a prepararsi, quando ottura lo scarico del lavandino con i capelli o quando insiste troppo chiedendo una mano nei lavori domestici.

«Litigare –spiega la psichiatra e psicoanalista Adelia Lucattini, presidente della SIPSIeS, Società Internazionale di Psichiatria Integrativa e Salutogenesi di Roma - è un aspetto naturale della vita, anche di quella di coppia, che di per sé contiene una carica emotiva particolare, intensa, viva e appassionata, che può esprimersi anche attraverso le grandi o piccole discussioni di cui è costellata la vita quotidiana. Il conflitto può essere un altro elemento importante della vita di coppia, purché sia di stimolo al confronto e alla crescita della relazione e non diventi un’arma distruttiva che come un boomerang ferisce di ritorno». Secondo l’esperta, litigare e discutere non è dunque necessariamente espressione di un malessere, ma qualcosa che fa parte della comunicazione. «Anche se la paura della propria aggressività – continua - e i sensi di colpa a questa collegati, fan sì che nella coppia la si eviti o la si esasperi, perdendone il controllo, fino al punto in cui vince chi ha l’ultima parola». D’altra parte non sempre è possibile dominarsi e affrontare un dialogo con calma. E in una coppia sana dove, dopo un litigio, si cerca di comprendere che cosa sia successo, di capire le motivazioni dell’altro, di fare autocritica e infine di trovare una giusta mediazione venendosi incontro su bisogni, richieste, punti di vista, la discussione può essere un’occasione di cambiamento e crescita. «Una coppia – continua la psicoanalista - cresce quando riesce ad affrontare i conflitti e andare oltre, in un luogo della mente condiviso, dove la soluzione non derivi dal prevalere dell’uno o dell’altro ma dalle risposte e dalle domande che insieme si riescono a formulare. Altra cosa è la conflittualità per la quale di solito ci sono ragioni più profonde, difficoltà nella comunicazione, incomprensioni radicate, disturbi seri della personalità. Il problema principale della conflittualità patologica è spesso l’impossibilità a gestire la rabbia. La rabbia non riconosciuta, non accettata, non controllata, comporta l’impossibilità di vivere gli altri sentimenti e allontana dall’intimità emotive».

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